Il trattamento delle MDS ha essenzialmente due obiettivi, a seconda che si tratti di una forma a basso rischio IPSS o di una forma ad alto rischio IPSS. Nel primo caso, si cerca di ottenere un aumento dei valori,emoglobina, piastrine e neutrofili e cosi facendo un miglioramento della qualità di vita, con indipendenza da eventuali trasfusioni.  Viceversa, nei casi più gravi, in cui si prevede che ci possa addirittura essere una evoluzione a leucemia acuta, la terapia è volta ad allontanare tale evoluzione e a prolungare comunque la vita, migliorando i valori dell’emocromo ed eliminando i blasti midollari.

 Ad oggi non esiste una cura definitiva per le mielodisplasie, a parte il trapianto di midollo/cellule staminali che è una procedura purtroppo applicabile solo ad una piccola minoranza di pazienti, visto che può essere effettuata in individui senza altre patologie importanti fino a 65/70 anni di età.

Nella scelta terapeutica incidono molti fattori:

  1. I sintomi. Talvolta pazienti con valori solamente moderatamente diminuiti hanno sintomi rilevanti. Per esempio, l’anemia in pazienti cardiopatici dà difficoltà di respiro, affaticamento notevole.
  2. L’età
  3. Il tipo di mielodisplasia
  4. Il punteggio di rischio IPSS
  5. Le comorbidità (ossia altri problemi di salute del paziente)
  6. La presenza di un donatore di cellule staminali disponibile (meglio se un familiare)

Di seguito gli approcci generali al trattamento delle mielodisplasie che dipendono dal tipo di MDS e dalla gravità della stessa:

  1. Osservazione: in pazienti con rischio IPSS basso e senza sintomatologia
  2. Terapia di supporto trasfusionale per aiutare il paziente alla gestione dei sintomi portati dalla mielodisplasia
  3. Terapia con fattori di stimolo dei globuli rossi in caso di anemia sintomatica
  4. Terapia farmacologica per fermare la crescita di cellule anormali e migliorare i valori emocromocitometrici.
  5. Terapia immunosoppressiva che può abbassare la risposta immunitaria del corpo
  6. Chemioterapia 
  7. Trapianto di cellule staminali per sostituire le cellule del midollo danneggiate con cellule sane
  8. Terapie sperimentali nel caso in cui le terapie standard e approvate si siano dimostrate inefficaci

Il medico può decidere di osservare l’andamento della mielodisplasia quando il paziente non accusa sintomi molto gravi e i valori del sangue non sono particolarmente allarmanti. Gli esami del sangue e del midollo vengono eseguiti a cadenze regolari per verificare se la situazione si mantiene stabile o si verificano dei cambiamenti. Se i valori peggiorano o il numero di blasti nel midollo aumenta, il medico deciderà di iniziare la terapia più appropriata.

Trasfusioni di sangue

Quando l’emoglobina mostra valori particolarmente bassi, in genere sotto 8g/dL,  il medico può decidere di procedere con trasfusioni di globuli rossi,  ma talvolta si rendono necessarie anche trasfusioni di piastrine. Questo permetterà la risalita dei valori sanguigni, con conseguente miglio-ramento dei sintomi accusati. Nel caso di trasfusioni di globuli rossi che si protraggano per mesi, occorrerà anche eliminare il ferro in eccesso con farmaci chiamati ferrochelanti.

 

Terapia ferrochelante

Questa terapia viene utilizzata quando il paziente presenta “sovraccarico di ferro”, è quindi mirata ad eliminare il ferro in eccesso che si accumula a seguito delle trasfusioni di globuli rossi e che può provocare problemi a carico di organi vitali (cuore, fegato, ghiandole endocrine).

 

Fattori di crescita – Agenti stimolanti la produzione di globuli rossi

Si tratta della somministrazione della versione artificiale di ormoni già normalmente presenti nel sangue, stimolandolo a produrre un maggior numero di globuli rossi e globuli bianchi.

Alcuni fattori di crescita, come per esempio l’Eritropoietina  (EPO) o la Darbopoetina alfa, possono incidere sulla produzione di globuli rossi e diminuire o eliminare quindi la necessità di ricevere trasfusioni di sangue. In alcuni pazienti anemici infatti l’EPO è prodotta in quantità non sufficienti a stimolare il midollo malato e in questi casi la somministrazione (per via sottocutanea) di eritropoietina sintetica (quindi prodotta in laboratorio) può essere di aiuto.  Questa terapia è efficace nella maggior parte dei pazienti ed è cronica.

Altri fattori di crescita vanno invece a stimolare i globuli bianchi, aiutando a trattare le infezioni ricorrenti in caso di neutropenia, ma non si somministrano in terapia continua.

 

Lenalidomide

E’ un farmaco orale utilizzato specificatamente nelle mielodisplasie con delezione del cromosoma 5q  e che richiedono trasfusioni di sangue. La Lenalidomide interferisce sull’attività del sistema immunitario bloccando lo sviluppo delle cellule con l’anomalia cromosomica . In questi casi ha un ‘effiicacia molto elevata, portando talvolta a normalizzazione dei livelli di emoglobina.

 

Terapia immunosoppressiva

E’ indicata soprattutto nelle sindromi mielodisplastiche a basso rischio, in pazienti non troppo anziani e in buone condizioni generali che presentano un midollo non molto popolato e alcune caratteristiche cliniche e biologiche precise. Questa terapia diminuisce la risposta immunitaria, con lo scopo di impedire la distruzione delle cellule emopoietiche del midollo osseo e permettendo alle cellule staminali del midollo di crescere, con conseguente miglioramento dei valori del sangue.

 

Farmaci ipometilanti

Nei pazienti con punteggio di rischio IPSS   medio-alto, non candidabili al trapianto o alla chemioterapia ad alte dosi, si può usare questo tipo di farmaci (5 Azacitidina e Decitabina) che, attraverso un’azione di abbassamento dei livelli di metilazione del DNA, riprogrammano le   cellule mielodisplastiche  e   ripristinano al loro funzione e la produzione di cellule sane. L’Azacitidina è somministrata in regime ambulatoriale ed è l’unico dei due farmaci ipometilanti approvato in Europa per la cura delle mielodisplasie, mentre la Decitabina è approvata solo per le forme di leucemia mieloide acuta dell’anziano.

 

Chemioterapia

Nei casi di mielodisplasia a rischio IPSS alto o intermedio 2, c’è una maggior probabilità di avere un’evoluzione della patologia in leucemia mieloide acuta. Talvolta il medico può optare per una chemioterapia intensiva con lo scopo di uccidere le cellule midollari anormali. Questo tipo di terapia normalmente viene utilizzato nei pazienti giovani e/o che possono essere sottoposti a trapianto (e che non hanno altre malattie gravi associate). Si tratat di una terapia che richiede ricovero in ospedale in isolamento per un lungo periodo e che dovrebbe essere sempre seguitat se possibile da trapianto.

 

Trapianto di  cellule staminali

E’ anche chiamato talvolta trapianto di midollo. La procedura prevede prima la somministrazione di una chemioterapia preparatoria che distrugge tutte le cellule del midollo osseo e poi la reinfusione nel paziente di cellule staminali sane provenienti dal donatore, che hanno il compito di ripopolare il sangue e il midollo stesso.

Tuttavia, questa procedura non è sempre applicabile a causa della mancanza di un donatore appropriato, oppure dalla presenza di comorbidità o altri fattori di rischio (come per esempio l’età avanzata che rende più fragili) che rendono difficile o precludono del tutto la scelta di questo approccio terapeutico.

La ricerca scientifica per cercare di migliorare la condizione dei malati con  mielodisplasie non si ferma mai e ha lo scopo di cercare nuove strade per prevenire, identificare e trattare la malattia. Il medico, valutando il singolo caso, può proporre al paziente, qualora ritenga che possa essere una scelta terapeutica migliore, la partecipazione ad un protocollo clinico sperimentale. Questo è particolarmente consigliabile se le terapie classiche e standard hanno perso efficacia o si sono rivelate non attive.

Si tratta quindi di affrontare la mielodisplasia con farmaci non ancora entrati nella pratica clinica corrente per il trattamento della patologia e a cui si può accedere solo partecipando a  studi molto controllati in ospedali  selezionati.